NET93 Lavori prometeici e realismo domestico. Helen Hester / E01

Verso un femminismo prometeico

La quinta e ultima parte dell'articolo di Helen Hester, promethean labors and domestic realism, pubblicato su e-flux architecture, artificial labor, 2017.

Verso un femminismo prometeico

parole di:

Come suggerisce la discussione appena affrontata, il familiare e il domestico non dovrebbero essere visti solo come una resistenza o una barriera contro un prometeismo da maschi, ma dovrebbero essere invece come un importante campo in cui poter realizzare uno sforzo politico ambizioso e emancipatorio. L’organizzazione domestica, cioè, può sicuramente promuovere e facilitare quel tipo di politiche collettive che Angela Davis ritiene provengano soprattutto dal convenzionale luogo di lavoro capitalista. Nel togliere in qualche modo priorità alla casa, Davis rischia verosimilmente di naturalizzare forme attuali di organizzazione domestica, presentando senza volerlo forme di organizzazione modificabili e contingenti come incontestabili, immutabili e fisse – o per lo meno più fisse di altri tipi di strutture sociali. Di conseguenza, esse finiscono per rappresentare una forma di egemonia materiale così profondamente radicata da non poter essere vista né come passata né come superabile

Questo è particolarmente ironico, considerato il tradizionale ruolo della casa come campo di mobilitazione politica all’interno delle comunità afroamericane negli Stati Uniti. In queste comunità, la trasformazione forzata della famiglia – tanto eredità della schiavitù quanto conseguenza della precarietà causata dal neoliberismo economico – ha reso terribilmente evidente la potenziale instabilità dei modelli naturalizzati di vita domestica.

Di conseguenza, l’analisi di Davis ci dice qualcosa rispetto alle storie delle relazioni di riproduzione sociale, storie che hanno ognuna un proprio percorso perché fondate su criteri razziali. Il modello della famiglia borghese deve essere riconosciuto come un ideale culturalmente dominante da cui le persone di colore (così come molte persone queer, persone di genere non conforme e persone della classe operaia) sono state storicamente e strutturalmente escluse.

Soffermarsi sulle modalità attraverso cui le possibilità di avere una famiglia sono state date in maniera differenziata a seconda della razza, della classe e sessualità ci permette di comprendere il ruolo potenzialmente vario che tale questione ha nelle lotte localizzate.

Non di meno dobbiamo batterci per individuare meccanismi intersezionali e emancipatori per la sopravvivenza sociale collettiva che non implichino la concretizzazione di relazioni domestiche contemporanee di tipo discriminatorio. In altre parole, non dobbiamo lavorare per rovesciare una serie di oppressioni con l’obiettivo esplicito di sostituirle con altre.

Quando si tratta di pensare ai progetti prometeici e alla casa, le femministe del ventunesimo secolo farebbero bene a rivolgere la loro attenzione a Shulamith Firestone, nel cui lavoro possiamo rilevare un concertato sforzo di contestazione del realismo domestico e di rivendicazione di luoghi di riproduzione (nelle sue forme sia sociali che biologiche). Così come prometeici contemporanei e xenofemministe, Firestone si occupa di politiche della procreazione, della manipolazione delle nascite grazie alla tecnologia e del rifiuto della riproduzione sessuale come un dato di fatto inamovibile. “La gravidanza”, afferma Firestone, “è la deformazione temporanea del corpo dell’individuo per il bene della specie”; alla fine del ventesimo secolo, tuttavia, lo sviluppo di mezzi di riproduzione artificiale via via più sofisticati ha “creato le reali precondizioni per rovesciare queste oppressive condizioni ‘naturali’ e i loro supporti culturali”¹. Probabilmente ci si aspetta che, considerata questa prospettiva, lei abbia molte cose da dire rispetto all’argomento della divisione sessuata del lavoro domestico. Quando si tratta di tecnologie per la casa, Firestone commenta in modo essenziale, ma in linea con le sue note posizioni circa l’automazione industriale e la riproduzione assistita afferma che in una società futura radicalmente femminista “l’automazione si occuperà della maggior parte delle noiose incombenze domestiche”².

L’idea che l’automazione all’interno della casa potrebbe eliminare molti dei carichi giornalieri della gestione domestica è stata a lungo promossa dal capitalismo consumista,

e il tecno-ottimismo di Firestone conferma in questo caso i sospetti di chi le muove delle critiche, cioè che la sua visione trascuri l’aspetto socio-politico. Nelle parole di Nina Power, “mentre i sovietici avevano proposto la socializzazione del lavoro domestico e della cura dei figli, Firestone lascia quasi tutto alle macchine, le quali si occuperanno delle faccende domestiche, della riproduzione e della giornata lavorativa”³. È sicuramente importante seguire chi muove queste critiche mettendo in discussione ogni tipo di cieca fede nella tecnologia domestica, in quanto esistono numerose barriere alla trasformazione delle macchine nella forza emancipatoria che Firestone ipotizza. Come nota Davis, “la separazione strutturale dell’economia pubblica del capitalismo e l’economia privata della casa è stata continuamente rafforzata dall’ostinata arretratezza del lavoro domestico. Nonostante la proliferazione di aggeggi per la casa, il lavoro domestico non è stato qualitativamente toccato dai progressi tecnologici apportati dal capitalismo industriale”.

Bisogna incoraggiare un sano disinteresse per quello che viene percepito come necessità e come valore morale della noiosa routine, ma il prometeismo deve aspirare a evitare sia l’illusione che la malinconia.

Tuttavia, la risposta di Firestone alle oppressioni di genere del lavoro riproduttivo pone anche una marcata enfasi sulla cooperazione e sulla coabitazione al di là dei confini della struttura della famiglia tradizionale – enfasi condivisa con molti degli ambiziosi progetti delineati nel libro The Grand Domestic revolution. La casa come collettività, infatti, è un importante elemento nella politica di Firestone, e molte delle sue idee sullo smantellamento della famiglia potrebbero prestarsi alla gestione domestica cooperativa. Una casa intesa come unità sociale composta da “un’aggregazione numerosa di persone che vivono insieme per un tempo non specificato, senza una gamma di relazioni interpersonali specifiche” non conserverebbe “la divisione del lavoro per genere” tipica della famiglia nucleare. In opposizione al commento di Power sul suo disinteresse per le soluzioni non-cibernetiche alle sfide della vita domestica, Firestone riflette sulla collettivizzazione dei doveri domestici, affermando che “il gruppo familiare più ampio (da dodici a quindici persone) sarebbe più funzionale – lo spreco e la ridondanza del nucleo familiare replicato, per esempio nel fare acquisti per tre o quattro persone, verrebbero evitati”⁶. Le tecnologie domestiche, così come l’automazione e la riproduzione assistita, non esistono in astratto; piuttosto, si osserva come esse richiederebbero concomitanti progressi nelle relazioni sociali e interpersonali se la rivoluzione sociale ipotizzata da Firestone si dovesse realizzare.

Mentre potremmo non concordare con tutti i contenuti sostanziali della visione idiosincratica di Firestone di un futuro femminista (per esempio la visione delle politiche razziali nel suo testo The Dialectic of sex è particolarmente problematica, come lo è l’implicazione secondo cui esiste un punto di arrivo assoluto di perfetta sintesi per un’umanità connotata in base al genere), c’è molto da cogliere dal suo femminismo espansivo, ambizioso e incline alla tecnologia. I cambiamenti associati alla re-immaginazione della riproduzione sociale, per esempio, non sono visti come un punto di arrivo di per sé, ma vengono presentati come un campo cruciale di operazioni all’interno di una serie di altre radicali alterazioni nelle esperienze di vita. In questo femminismo davvero prometeico l’amore, il lavoro, il tempo libero, la famiglia, la scienza, l’arte e la riproduzione sessuale sono tutte ugualmente mutabili, discutibili e aperte a una riprogettazione collettiva.

La casa può essere ripensata come un luogo di potenzialità prometeica piuttosto che come esempio di egemonia materiale saldamente radicata; ciò significa che è uno spazio che può essere mutato al fine di facilitare una politica prometeica piuttosto che un luogo di avversione al rischio, intrinsecamente di intralcio allo sviluppo delle solidarietà che tale politica richiede.

Se il prometeismo ci insegna a non accettare ciò che è dato – a rifiutare di adeguarsi al mondo così come lo troviamo – allora lo xenofemminismo e le sue compagne di viaggio farebbero bene a rigettare le infrastrutture della vita domestica che sono state ereditate e a lavorare per progettare alternative più emancipatorie.

Il compito delle femministe contemporanee dopo Firestone è quello di rivendicare le dimensioni spaziali e relazionali della riproduzione sociale togliendole dalle grinfie logoranti del realismo domestico – come quello di ricalibrare le sfumature della definizione “prometeico” per renderlo più aperto a questo tipo di iniziative.

Il femminismo dovrebbe essere prometeico, il prometeismo deve essere femminista.

 

Pubblicato originariamente su: E-Flux Architecture, Artificial Labor, 2017

Tradotto da Silvia De Marco e Andrea Raviolo

 

¹ Shulamith Firestone, The Dialectic of Sex: The Case for Feminist Revolution, Farrar, Straus and Giroux, New York 2003, p. 188 e p. 183; trad. it. La dialettica dei sessi. Autoritarismo maschile e società tardo-capitalistica, Guaraldi editore, Rimini 1971

² Ivi, p. 210

³ Nina Power, Toward a Cybernetic Communism: The Technology of the Anti-Family, in The Further Adventures of The Dialectic of Sex: Critical Essays on Shulamith Firestone,a cura di Mandy Merck e Stella Sandford, Palgrave,Basingstoke 2010, p. 155.

⁴ Angela Y. Davis, Women, Race and Class, Vintage Books, New York 1983, p. 229; trad. it Bianche e nere, Editori riuniti, Roma 1985 (riedito da Edizioni Alegre, Roma 2018, con il titolo originale Donne, razza e classe). Ellen Lupton e altre studiose probabilmente richiamerebbero l’attenzione su alcune mansioni che hanno senz’altro subito dei cambiamenti grazie alla tecnologia domestica, sottolineando nello stesso tempo che, in termini quantitativi, il tempo dedicato ai lavori domestici non è variato quanto ci si potrebbe augurare. Questo in parte è dovuto al miglioramento degli standard e a altri cambiamenti sociali, tuttavia la ricerca e lo sviluppo nel campo dell’automazione delle tradizionali faccende domestiche non sono di certo progrediti alla stessa velocità di quella indirizzata verso altre forme di lavoro.

⁵ Shulamith Firestone, The Dialectic of Sex, cit., p. 207

⁶ Ivi, p. 210