EDITORIALE #9, MEDIA
‹Media›, menelique magazine #9, primavera/estate 2023. Il numero di menelique su nuovi media, libri, riviste e mondo della cultura.
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Questo è l’ultimo volume di menelique magazine, il #9. Non è l’ultimo solo nel senso del più recente, ma rappresenta la chiusura delle nostre pubblicazioni.
Questa volta il lavoro è stato doppio, perché abbiamo voluto ringraziare con una sorpresa chi ci ha sostenuto. Abbiamo scelto gli articoli pubblicati dal #1 al #9 che più ci hanno stimolato, per raccoglierli in un altro volume, un numero speciale: Selezione 2019-2023. In quella collezione, più che cercare di unire i pezzi più letti dei numeri precedenti, abbiamo esplorato quei legami tra parole e immagini che ci hanno permesso di evocare i diversi sensi del nostro cammino nell’editoria. Sono così nate le cinque sezioni della Selezione: DIASPORE, ECO-LOGICHE, GENIUS LOCI, LUDICA, SAPERI. Tra questi mancava però il tema che più sta formando la contemporaneità e le idee di futuro, e che in fondo riguarda il nostro operato come rivista indipendente, vale a dire i MEDIA. Ecco perché abbiamo deciso di salutarvi con un numero sui nuovi media, sull’editoria libraria e periodica, sull’informazione e sulle vite precarie di chi lavora nella cultura.
Secondo Leila Belhadj Mohamed, il linguaggio usato dai media occidentali descrive le culture arabofone con gli stereotipi dell’orientalismo: tutto ciò che non è occidente è arretrato. Non ne sono esenti le policy di moderazione dei social media, che mantengono quei cliché coloniali oscurando i contenuti di attivistə palestinesi. Per questo si parla di Orientalismo digitale e diventa sempre più urgente il bisogno di decolonizzare i media.
Chiunque sui social ha sperimentato La lingua dell’odio, o Hate Speech, che sembra avere un rapporto complesso con i nuovi media. Secondo la linguista Gloria Comandini, l’odio non è di certo nato sul web, ma lì ha assunto nuove forme e ha trovato una cassa di risonanza.
Se da una parte l’italiano medio sul web odia, dall’altra la sua attività principale sembra quella di soffrire in maniera grottesca quando si mette la panna nella carbonara. Ma come racconta Alberto Grandi in The Truman Chef, questo nazionalismo verso la cucina italiana è nato tra gli anni 70 e 80 grazie ai mass media, che hanno costruito il mito identitario della nostra tradizione culinaria, la quale fino a quel tempo non godeva di alcuna reputazione internazionale.
Tuttavia, tra onnipresenza, neocolonialismo, diffusione dell’odio e identitarismo, il panorama mediatico odierno ha anche permesso una autorappresentazione delle persone disabili da sempre assente nei media tradizionali. Secondo Robin Wilson-Beattie, mentre la televisione ha descritto le persone disabili con pena e vergogna, o come se fossero prive di sessualità, lə creator disabili su Instagram, TikTok e Twitch grazie alle loro Abilità digitali mostrano in modo autentico le proprie vite, informano sull’uso inclusivo di un linguaggio rispettoso delle disabilità e raccontano esperienze negative di abilismo, socializzando quelle difficoltà che altrimenti resterebbero private.
Ma che si tratti di odio, abilismo o orientalismo digitale, ciò che vediamo nelle timeline viene scelto da Torbidi algoritmi, che vengono descritti come imperscrutabili, nonostante le piattaforme intervengano spesso per modificarne i risultati. Per Riccardo Coluccini, il potere che deriva da questa manipolazione fa gola non solo alle BigTech, ma anche ai governi, i quali mantengono l’esistenza di oligarchie digitali per controllare facilmente la visibilità delle informazioni.
Tutto ciò che abbiamo approfondito in questo volume non sarebbe possibile senza i cavi sottomarini che permettono l’esistenza di Internet. Carolina Polito descrive la lotta per il controllo di queste infrastrutture, che passa per la costruzione, da parte della Cina, di una nuova Via della seta digitale in Africa. La lunga coda del dragone sta cercando di competere con un consorzio di aziende private statunitensi per il dominio della rete africana.
Questa presenza materiale delle tecnologie sta diventando pervasiva anche negli ambienti della formazione. A scuola infatti sembra che l’educazione ai media si risolva nell’insegnamento pratico dell’uso di LIM e tablet. Ma per Rosy Nardone, che ci porta A scuola di media, la Media Education dovrebbe promuovere il pensiero critico e una cittadinanza attiva, insegnando a stare insieme nel mondo online e onlife.
Chi cerca attenzione mediatica per sollevare la questione del secolo, cioè quella ambientale, sono lə attivistə di Ultima Generazione: tirare una passata di piselli sul vetro protettivo del Seminatore di Van Gogh è un gesto d’amore verso quell’artista. Il vero disturbo che si crea è quello a La cattiva coscienza collettiva che deriva dal senso di colpa per come è stato ridotto l’ambiente in cui viviamo. E della stessa opinione è Daniele Ferriero, che ha intervistato Guillaume Pitron, giornalista d’inchiesta che da anni indaga le ripercussioni negative del digitale sulle nostre vite e sull’ambiente. Internet: cronaca di un inquinamento annunciato è il primo dei due Episodi online di questo numero (pubblicati su menelique.com in libera consultazione), al quale si aggiungerà Non è un mestiere per giovani, un pezzo di Alessia Gasparini sul precariato nel mondo del giornalismo.
Oltre ai social, il medium che sembra macinare più profitti è il videogioco. Secondo Matteo Lupetti però il gaming non conta niente, nel senso che raccoglie attenzione solo nel suo ricordare altri linguaggi più prestigiosi, come la letteratura, mentre al gioco e a chi gioca non viene riconosciuta dignità e rilevanza culturale. Ma se oggi è il videogioco a occupare il tempo libero della classe lavoratrice globale, qualcosa dovrà pur contare.
La sezione di approfondimento di questo volume, PUBLICA, è dedicata al nostro mondo, quello dell’editoria. Le prospettive su questa realtà sono diverse e troppo spesso conflittuali. Abbiamo cercato di strutturare una sottosezione che potesse accoglierle tutte, dando spazio a una casa editrice, a una libreria/edicola, a una freelance che fa parte della classe creativa, e a due ricercatorə.
Con Trovare un libro, la casa editrice effequ racconta la propria storia descrivendo l’attuale sistema editoriale, che sembra pensato per rendere la vita difficile a chi, i libri, li fa. Nell’ingranaggio della macchina distributiva, il piacere della lettura finisce per smarrirsi, ma l’editoria resta un mestiere del tutto politico, fin dal suo principio.
Secondo Antonio Brizioli, che ha partecipato alla fondazione dell’edicola più famosa d’Italia (Edicola518), se oggi le librerie sono tutte indipendenti ma anche tutte uguali, è colpa dell’omologazione culturale e della distribuzione editoriale. Venire dal basso non è garanzia di virtù e non lo è essere indipendenti. Con una serie di suggerimenti per creare un sistema editoriale collaborativo e autentico, ci invita a non disperare, assicurandoci che C’è vita fuori dalla distribuzione.
Silvia Gola, esponente di Redacta, nel suo articolo sulla classe creativa del mondo editoriale, sceglie di scrivere in Prima persona plurale. Chi lavora nella cultura, che sia editor, graphic designer, giornalista o podcaster, spende una fortuna per formarsi, ma vive tra precariato e forme contemporanee di francescanesimo per le quali le ore di lavoro non sono proporzionate al guadagno.
Infine in DOI ut des Eleonora Priori e Daniele Gambetta si concentrano su un settore poco discusso, ma centrale nella produzione culturale: l’editoria accademica. Per chi fa ricerca la corsa al DOI, il codice assegnato agli articoli scientifici quando vengono pubblicati, è simile alla febbre dell’oro, perché pubblicare significa mantenere il lavoro. Ma questo porta a una ricerca di scarsa qualità e fa il gioco delle case editrici accademiche che lucrano sui frutti della ricerca pubblica.
Anche in questo numero abbiamo ospitato un racconto e un testo narrativo sperimentale, rispettivamente di Frances Ogamba e Emanuela Cocco, così come una conversazione di Giovanna Maroccolo con l’artista Juan Pablo Macías, la carrellata di recensioni di oggetti editoriali K:ROOM e la sottosezione DIALOGO.
Pensare che queste sono le ultime parole che scrivo per menelique fa male, ma avere la certezza di raccogliere affetto e sostegno nel caso in cui dovessimo riuscire a fondare una casa editrice non può che darmi fiducia. Grazie a tuttə per aver permesso l’esistenza di questo esperimento editoriale.
Indice:
Editoriale
di Giovanni Tateo
Abilità digitali
di Robin Wilson-Beattie
Orientalismo digitale
di Leila Belhadj Mohamed
La lingua dell’odio
di Gloria Comandini
La lunga coda del dragone
di Carolina Polito
Torbidi algoritmi
di Riccardo Coluccini
La cattiva coscienza
di Ultima Generazione
A scuola di media
di Rosy Nardone
The Truman Chef
di Alberto Grandi
Gaming che non conta
di Matteo Lupetti
L’eroe in pericolo (fiction)
di Frances Ogamba
Cosa (fiction)
di Emanuela Cocco
Prima persona plurale
di Silvia Gola
C’è vita fuori dalla distribuzione
di Antonio Brizioli
DOI ut des
di Eleonora Priori e Daniele Gambetta
Trovare un libro
di effequ
Juan Pablo Macìas
di Giovanna Maroccolo
Kulture Room
di Daniele Ferriero Marco Petrelli Martina Neglia Danilo K. Kaddouri Marcello Torre
Poste in gioco
di Redazione
Indice Episodi online (su menelique.com nelle prossime settimane):
Internet: cronaca di un inquinamento annunciato
di Daniele Ferriero e Guillaume Pitron
Non è un mestiere per giovani
di Alessia Gasparini
Immagini di:
- Davide Bart. Salvemini
- Erica Borgato
- Eleonora Castagna
- Gianluca Chiavassa
- Edoardo Marconi
- Carol Rollo
- Lia Tuia