NET09 Lezioni perdute, #3 / E06
Numero primo: Ruggero Freddi
La vicenda personale di un ricercatore, il ricordo delle sue esperienze universitarie e i conflitti tra le sue molteplici identità: ex attore porno, omosessuale, attivista e culturista.
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Ci sono storie che potrebbero finire dentro un libro. E questa c’è finita davvero, immortalata dalle parole dell’italianista e scrittore Walter Siti. L’idea di incontrare Ruggero Freddi è nata proprio da questa constatazione, il suo essere un ‹numero primo›, una singolarità che si incontra una sola volta. Cresciuto nella periferia romana, coming out giovanissimo, culturista, numero uno del porno gay, principe consorte nella nobiltà romana, ospite dei salottini pomeridiani e serali delle televisioni meno impegnate, ma anche brillante genio matematico: una laurea in ingegneria informatica, una triennale e una magistrale in Matematica e infine un dottorato in modelli matematici per l’ingegneria.
Qualche anno fa la cosa venne notata da qualche giornale pronto a cavalcare il ben pensare. La Verità titolava in prima pagina: ‹Nuovi insegnanti in cattedra all’Università La Sapienza›. Aggiungendo: ‹Quello di ingegneria è il secondo nella foto›, corredando il tutto con lo scatto di una scena di uno dei film di Freddi.
Decidiamo di incontrarlo e di fare una chiacchierata con lui proprio per la sua storia, proprio per le sue caratteristiche singolari e uniche, ma che sembrano narrare qualcosa sulla situazione accademica italiana.
Ci diamo appuntamento a una fermata della metro romana. Lo riconosco da lontano, impossibile non notarlo, evidente per la sua fisicità e la sicurezza che dimostra. Ci accomodiamo in un bar. A prima vista di lui si potrebbe dire di tutto, tranne che abbia insegnato analisi in università.
Il corpo ci colpisce prima della mente, ipotizziamo conclusioni e storie prima di averne certezza. Costruiamo teorie sugli altri prima di conoscerli.
E così ho pensato anche io: chissà quante storie avrà da raccontare una persona del genere. Omosessuale dichiarato e visibile, con un passato da attore porno di prima categoria, un aspetto fisico non conforme alla media accademica. Non avevo calcolato che la visibilità mediatica può essere anche una protezione. È lui stesso a dichiaralo:
‹Non sono una persona facilmente discriminabile, perché posso sempre dire ‘sono l’ex pornoattore Carlo Masi’.
È difficile quando una persona è così confidente con se stessa discriminarla. No, la sapienza non mi ha discriminato. È un’università gigante, e con tanti dipartimenti, con anime diverse›.
La vicenda di Freddi è tornata ancora sui giornali recentemente quando all’improvviso uno dei tanti contratti di insegnamento da lui vinto è stato bruscamente interrotto: ‹Durante il dottorato per noi era normalissimo partecipare a dei bandi di insegnamento. Ogni anno venivano aperti due volte, uno per il primo e uno per il secondo semestre. Nei corsi di ingegneria c’era un bisogno fortissimo di persone che insegnassero, quindi per noi era facilissimo vincerlo. Tutti quelli che partecipano vincevano qualcosa. Non eravamo mai ai coltelli, anzi. Tipicamente erano i professori che venivano nell’ufficio dei dottorandi a chiedere se qualcuno di noi volesse fare da co-docente. Io ne ho fatti moltissimi di insegnamenti. Improvvisamente però per qualche ragione dalla segreteria ci dicono che i dottorandi non possono più insegnare, per via del regolamento della Sapienza. Un dottorando della Sapienza non poteva partecipare, mentre uno fuori sì. Però a uno dei professori che conoscevo serviva una mano, ed abbiamo deciso che il contratto sarebbe potuto partire più tardi, una volta che io avessi finito il dottorato. Così abbiamo fatto. Ho iniziato, ma ci sono stati un po’ di ritardi; non mi sono mai preoccupato perché comunque stavo lavorando per La Sapienza. Invece ad un certo punto vengo chiamato dal professore, cioè dal co-docente, un collega, uno che in teoria non ha nessun tipo di potere e ufficialità nei miei confronti. Lui mi riferisce, che la direttrice del dipartimento aveva deciso che io non dovessi più insegnare. Dopodiché mi è stato revocato l’incarico›.
Sarebbe troppo facile dire lo hanno cacciato perché gay, per via del suo passato. Ma nulla di esplicito è stato fatto in tal senso. Certo la sensazione che le cose siano andate male perché è un personaggio scomodo c’è: perché proprio con lui e con nessun altro? ‹Si sapeva in tutta Italia che c’era un pornoattore alla Sapienza. Ero visibile. Il primo giorno ero seduto in prima fila con la penna di Hello Kitty e la maglietta di Wonder Woman› afferma. ‹Sono sempre stato il numero uno in tutto quello che ho fatto. Se fossi stato il numero mille non so se sarebbe stato tutto uguale. Come fai a discriminarmi? Avevo una media del trenta e lode, due laure, percorso di eccellenza. In palestra non puoi discriminarmi, sono uno dei più muscolosi. Qualunque ambiente ho frequentato, ho avuto un ruolo talmente centrale, che è stato impossibile discriminarmi. Certo qualche voce malevola circolava. Una professoressa di cui ero co-docente mi ha raccontato che girava la voce che io andassi all’università a reclutare pornoattori. La cosa mi fece molto ridere. Forse se volevo reclutare pornoattori andavo in una palestra›.
Se non si può parlare di discriminazione, certamente si può parlare di avversione nei confronti di qualcuno che porta dentro il mondo accademico istanze pubbliche e sociali, che rivendica i propri diritti e il proprio passato.
È Freddi a raccontarci proprio uno degli episodi di questa avversione: ‹Era il mio primo anno di dottorato. Il sogno della mia vita era insegnare all’università. Ero tutor, non proprio docente, ma comunque era già una bella soddisfazione. Era quasi estate, mancavano dieci giorni alla fine del corso. Decido di dire ai miei studenti che avrei avuto piacere che loro partecipassero al gay pride che si sarebbe tenuto di lì a pochi giorni. Chiaramente non gli ho detto vediamoci al gay pride. Ho pensato fosse un po’ più etico farlo prima di cominciare la lezione e senza salire sulla cattedra. Tutte formalità sceme, perché comunque io rimanevo il professore e loro gli studenti. Non gli ho però dato un appuntamento, gli ho solo detto: ‘voi sapete benissimo che sono gay, questa è la difesa dei miei diritti, è una cosa importante per me, per la mia vita e per la mia sopravvivenza e quindi sarei contento che i miei studenti partecipassero’.
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Verso settembre mi iniziano a chiamare dei miei amici dall’America, che mi chiedono cosa avessi mai fatto perché me ne ero vantato pure se Facebook. Mi era sembrata una cosa molto ‘figa’ da fare. Questa voce era circolata parecchio. Qualcuno si era scandalizzato che un professore avesse invitato gli studenti al pride. Penso fosse la prima volta che succedesse alla Sapienza e a ingegneria. A un certo punto mi viene detto che all’interno del dipartimento ci sono dei grossi problemi con questo mio attivismo con gli studenti. In un colloquio con la direzione del dipartimento mi viene che la politica non deve entrare nelle aule universitarie. Al che ho risposto: ‘Io sono gay. Questi sono i miei diritti. Questa non è politica. È più importante di tutti, dell’università, di qualsiasi cosa. Mi dovete sparare alle gambe per non farlo’. Allora ho proposto al dipartimento di fare una giornata di incontro in cui parliamo di questo genere di tematiche al di fuori della didattica universitaria in un ambiente e contesto separati. Ma anche in questo caso c’è stato un no. La risposta è stata sempre la stessa: non si voleva che si parlasse di queste tematiche. Credo di essermi molto arrabbiato, di aver chiesto perché nel corpo docente non ci fosse nemmeno un transessuale. Perché i transessuali vanno bene solo per fare le puttane? Credo di essere stato molto aggressivo, ma ho alcuni nervi scoperti. E questo dei miei diritti e della possibilità di combattere per i miei diritti è uno di quelli.
Riconosco che le cose sono molto cambiate da quando avevo 17 anni, però i miei 17 anni hanno lasciato delle cicatrici su di me.
Capisco che non dovrei, però in fondo sono sempre uno cresciuto per strada. Dopo questo episodio vado dal preside di facoltà per organizzare un incontro in vista della giornata per la lotta all’HIV. È stato molto gentile, mi ha messo in contatto con la facoltà di medicina, e io gli ho fatto la lista delle persone che avrebbero parlato, con tanto di curriculum. Una cosa fatta abbastanza bene. Ma alla fine il preside mi richiama e mi comunica che purtroppo non si può fare perché manca l’aula. Ma io l’aula l’avevo prenotata un mese e mezzo prima, perché so come funzionano queste cose. Gli dico che non solo c’è l’aula, ma che è molto grande, è separata, non dà fastidio, e l’incontro è in un orario molto comodo alle 18 del pomeriggio. Allora lui mi ha risposto: ‘il problema non è quello, non si può proprio fare’. Non so di preciso perché il preside abbia reagito così. Però credo che ad un certo punto il direttore del dipartimento abbia espresso la sua contrarietà. Io in quel momento non volevo portare in televisione l’ennesima storia di discriminazione. Abbiamo bisogno di speranza. Anche mentendo qualcuno deve dire che tutto va bene. Voglio che le persone abbiano un messaggio positivo. Alla fine facendo un bilancio l’università mi ha dato tanto: prima laurea con tutte borse di studio, per la seconda laurea ho pagato quasi nulla. Sono stato altamente formato. Non posso dire che sono cattivi, che un po’ mi hanno discriminato. Non era proprio discriminazione, era più un ‘guarda questo che palle, laureati e vattene’. Ogni tanto qualcuno degli animi meno tolleranti si fa sentire, generalmente la sapienza è un’università abbastanza inclusiva›.
Chiedo allora se invece più che essere discriminato per il proprio orientamento sessuale lo sia stato per il proprio aspetto fisico. Incominciano infatti ad essere pubblicati studi su quanto l’aspetto fisico influisca nelle valutazioni che diamo degli altri. ‹Sull’aspetto fisico più dagli studenti, che mettevano in dubbio le mie competenze. Ho avuto molte difficoltà nell’insegnare. Non sono stato un bravo insegnante. L’unica cosa in cui sono stato bravo è stato creare un minimo di contatto. Non mi riesco a rendere conto di quanto siano complicate le lezioni che faccio. Faccio delle lezioni molto difficili, e gli studenti mi odiavano per questo. Nelle mie esercitazioni faccio molti errori di calcolo, e questo mi ha fatto perdere la loro fiducia. Credo che questo abbia creato delle difficoltà tra me e loro, associato al fatto che ho questo aspetto credo che abbia creato qualche sfiducia.
Spesso è capitato di essere sottovalutato per il proprio aspetto, ma più con la gente comune.
Una volta stavo lavorando in un laboratorio di Intelligenza Artificiale e dovevamo portare questo mio progetto in una mostra a Milano. Era un robot che si doveva muovere in un ambiente domestico e riconoscere i vari ambienti attraverso l’uso delle videocamere, e io sono arrivato con dei colleghi. All’epoca ero rasato, 108kg, con una riga nei capelli. Mi metto a montare. Mi hanno preso per uno del montaggio degli stand. È arrivato il presidente della cosa, io l’ho visto che era lì con i punti interrogativi. Però ha mantenuto il suo savoir faire, ma la situazione è stata molto divertente. Il tizio l’ho visto molto spiazzato perché non era sicuro stesse parlando con la persona giusta. Poi se ne sarà reso conto›.
Parliamo poi un po’ del mondo accademico, della nostra esperienza in Università.
Mi confessa che il problema non è tanto accedere all’Università quanto rimanervi. Mancano le risorse e riuscire a trovare la propria collocazione in accademia è impossibile.
‹Mi è sembrato che ci sia una discriminazione nei confronti di quelli bravi. Ci sono le esercitazioni, i tutor, ventimila cose per chi rimane indietro. E per chi come me è numero uno che cosa c’è? C’è un grande dispendio di energie per chi è in difficoltà. Ma mi sembra che dell’eccellenza ce se ne freghi, tanto quello è bravo se la cava da solo. Nel mio gruppo, che eravamo un gruppo di assassini bravissimi, sono tutti andati all’estero. Io sono l’unico che è rimasto in Italia. In realtà mi sembra che a noi dottori di ricerca ci stanno sbattendo a scuola. Mi vengono le lacrime agli occhi.
Ci hanno fatto studiare, ci hanno fatto impegnare, ci hanno regalato un sogno bellissimo che per me era quello di fare il professore universitario. E oggi in maniera sottile ci stanno dicendo: ‘guarda, i soldi per farvi rimanere non ci sono, voi non farete la carriera per la quale avete faticato, vi diamo un punteggio altissimo in graduatoria andatevene alle superiori, tanto è un lavoro comodo’, che è vero, ma non è quello che volevo fare io.
Io ho applicato per un altro tipo di lavoro. Questo è ovvio perché ci stanno riempendo di punteggio per le GPS [Gradutatorie Provinciali per le Supplenze ndr]. D’altronde all’interno dell’università in maniera esplicita i miei professori sono stati sempre più che corretti. Nessuno mi ha mai chiesto un’ora di più rispetto ai contratti che avevo. Anzi io dichiaravo sempre massima disponibilità. Mi è sembrato sempre brutto stare a contare le ore, io sto qui a lavorare, quando ho finito, ho finito. Io faccio il mio lavoro indipendentemente dalle ore che ci vogliono. Mi rendo conto che è un problema di gestione, un minimo di controllo lo si deve fare. Esiste lo schiavismo universitario, ma non è un problema di professori che si approfittano dei dottorandi.
È il sistema università che si approfitta, dando dei contratti ridicoli, così come quelli di insegnamento.
Sono poche ore ogni semestre, e non riesci a farlo bene come secondo lavoro, perché non sono sempre gli stessi orari. Deve essere il tuo lavoro, non puoi guadagnare in un semestre meno di duemila euro, in questo modo va avanti solo chi i soldi ce li ha già›.
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Indice:
Editoriale. Lezioni perdute.
di Giovanni Tateo
Atena nera: razzismo in accademia
di Franklin Obeng-Odoom
Burger King University
di Eleonora Priori
Sesso imperfetto
di Robin Wilson-Beattie
Un uomo sfortunato
di Rémy Ngamije
Speaking English
di Mubanga Kalimamukwento
Il primo giorno di una nuova scuola
di Salvatore Iaconesi
Teachers
di Masande Ntshanga
Sequenze di una ribellione
di Mali Kambandu
Gamificando non si impara
di Matteo Lupetti
Gaokao
di Zheng Ningyuan
Percorsi precari
di Marcello Torre
Decolonizzare l’università
di Robbie Shilliam
Genocidio antigitano
di Kale Amenge
Conversazione con Ana Gallardo e Nina Fiocco
di Giovanna Maroccolo
Kulture Room
di Marianna Rossi Daniele Ferriero Marco Petrelli Danilo K. Kaddouri
Il precedente impiegato polivalente, M.
di Simone Marcelli Pitzalis
Indice Episodi online (disponibili su menelique.com):
Numero primo: Ruggero Freddi
di Matteo Cresti
Genere e accademia
di Vera Tripodi
Università Sudamerica
di Andrés Cáceres
Femminismo anticarcerario. Amicizia, stupro, comunità.
di Giusi Palomba
L’ora di Open source
di Daniele Gambetta e Alessandro Tartaglia
Pedagogia radicale
di Donna Nevel