NET09 Lezioni perdute, #3 / E02

L’ora di Open Source

L'intervista a Alessandro Tartaglia, uno dei fondatori di SOS, la Scuola Open Source di Bari. Le origini, i progetti e gli sviluppi di una delle strutture formative più interessanti della galassia.

L’ora di Open Source

Fare cultura oggi (inteso anche prima del Covid) non è facile. Già non è facile farlo all’interno di ecosistemi consolidati, pubblici o privati, che si fondano su dinamiche di profitto, meritocrazia e spesso esclusione. Ancora di più è difficile sperimentare, perché pone, tra le altre cose, davanti al bivio di quanto e come la sperimentazione del nuovo possa e debba mescolarsi con il vecchio, per avere un utile e intelligente slancio senza snaturarsi. Tra gli esperimenti a mio avviso più interessanti in questo senso di sperimentazione, per quanto riguarda la sfera della didattica come condivisione di saperi, c’è sicuramente quello della Scuola Open Source di Bari.

Nato in versione beta nel 2013, e poi costituendosi soggetto giuridico nel 2016 dopo la vittoria del terzo bando CheFare, la SOS è un laboratorio di co-ricerca, didattica e progettazione culturale, dal 2020 divenuto cooperativa.

Con sede a Bari, ma con contatti e progetti in altre città, in questi anni ha organizzato corsi, workshop, presentazioni e dibattiti, allacciando rapporti con altre esperienze sul territorio, soprattutto nel sud della penisola.

Autodefinendosi ‹un ecosistema di solidarietà per la ricerca e l’immaginazione sociale, culturale e tecnologica›, la SOS fonda il suo metodo su una programmazione condivisa tra i membri del progetto, proponendo percorsi di formazione profondamente interdisciplinare, e le cui modalità, di accesso e di fruizione, cambiano a seconda del caso, considerando sia le esigenze di chi partecipa e di chi organizzza l’evento.

Programmazione, stampa 3d e teoria del design si mescolano con la sociologia, l’attualità, la partecipazione civica, portando a degli output che sono oggetti e strumenti reali, utili alla comunità (locale o virtuale) del progetto.

Tra gli eventi sicuramente più significativi organizzati da SOS c’è il periodico XYZ, un evento di una o due settimane nel quale una trentina di persone provenienti da tutto il Paese si trova insieme per co-progettare nuovi spazi sociali dal punto di vista logistico, grafico e comunicativo. Come è stato prima a Bari nel 2017 e 2018, poi nel 2019, prima a luglio a Cerreto Sannita per la progettazione del Convento Meridiano, a fine agosto presso l’Ex-Fadda di San Vito dei Normanni e a dicembre a Matera chiudendo il Programma della Capitale Europea della Cultura. Infine l’ultima edizione, a Novara, nel 2020, all’ex-caserma Passalacqua.

Eventi che propongono un nuovo modo di gestire la cosa comune e pubblica, attraverso un processo accompagnato da docenti e esperti di settore che coordinano gruppi di lavoro partecipativo su temi specifici (identità, strumenti e processi) per costruire in un breve tempo un prototipo utile a sviluppare percorsi di più ampio respiro nel tempo. Quindi esperienze che per loro natura richiedono di interloquire con le comunità, gli enti locali, le istituzioni, affinché il percorso partecipativo abbia un riscontro prima di tutto in termini di convivialità e utilizzo sociale da chi vive direttamente i territori.

Per conoscere meglio le origini e gli ultimi sviluppi del progetto ho posto qualche domanda a Alessandro Tartaglia, designer, programmatore e tra i fondatori della SOS, oltre che membro della attuale cooperativa.

Come e con che intenzioni è nato il progetto e come pensi sia cambiato rispetto le intenzioni iniziali?

Il progettoprende vita dall’incontro di fattori: da una parte le politiche giovanile della regione Puglia; una sperimentazione in ambito sociale e tecnologico; e alcune esperienze politiche giovanali. Infatti le politiche giovanili (e generative) dal governo regionale della Puglia tra il 2008 e il 2015, hanno generato le condizioni ecosistemiche perché certe idee potessero diffondersi, in modo particolare tra i più giovani. 

Grazie a questo ‹ambiente culturale› in quegli anni si è aggregato un gruppo di persone, attorno a pratiche sociali, tecnologiche, pedagogiche e metodologiche, a loro volta ispirate a idee e principi di apertura e condivisione. Queste persone a un certo punto hanno deciso di fondare un soggetto che si occupasse in maniera stabile delle questioni di cui sopra, gestendo uno spazio fisico e costruendo una rete. Così è nata La Scuola Open Source: ‹Ecosistema solidale di ricerca e immaginazione sociale, culturale e tecnologica›.

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La vostra è soprattutto una sperimentazione. Cosa avete dedotto sul metodo di insegnamento, didattica e ricerca grazie alla vostra esperienza?

Nel corso degli anni abbiamo acquisito una serie di competenze (in ambito amministrativo, organizzativo, immaginativo): provengono dai laboratori di co-progettazione, dai corsi, dagli incontri e dalla quotidiana amministrazione delle proposte (interne e esterne). Queste esperienze ci hanno portato a sviluppare una piattaforma gestionale (Join) nonché le tecnologia necessarie a renderla completamente autonoma (tramite l’installazione in un cluster di server). Riteniamo che questo modello possa costituire un esempio di come concepire un approccio complesso e modulare all’organizzazione del sapere collettivo. E diciamo ‹complessità› nel senso tecnico della parola, intesa quindi come scienza dei sistemi aperti e interconnessi,  sul modello del Cybersyn cileno, o del Syn di Millennials. 

Negli anni avete collaborato con comuni, spazi ecc.. che rapporto avete con la didattica istituzionale (es. Andare nelle scuole, rapporto con le università ecc?)

Se fosse stato semplice e lineare non avremmo aperto una scuola. La prima sede di SOS si trovava nel cuore di Bari Vecchia, a Isolato 47, uno stabile del demanio concesso al Politecnico. A settembre 2017, a seguito di un anno di trattative infruttuose con il Politecnico (per informazioni più precise sull’intera vicenda potere leggere il resoconto qui), SOS ha lasciato Isolato 47 per trasferirsi nel quartiere Libertà. Ora, se da un lato il Politecnico aveva inizialmente beneficiato del surplus di visibilità, competenze e relazioni del laboratorio XYZ e della successiva instaurazione della Scuola in un edificio a loro concesso, successivamente si è rifiutato di accogliere la sfida lanciata da SOS, preferendo assegnare lo stabile a un progetto finanziato dal MIUR. D’altro canto, la Scuola è legata da anni con varie Accademie delle Belle Arti, industrie artistiche, e facoltà di architettura e design (fra tutte menzioniamo l’ISIA di Urbino). L’offerta didattica è da sempre caratterizzata da una ricca interazione con docenti, ricercatrici, dottorandi delle discipline più eterogenee (dalla bioinformatica alla sociologia, alla filosofia della comunicazione). La trasformazione in cooperativa ha inoltre reso possibile un dialogo più serrato su questioni che riguardano come la storia della pedagogia o l’approccio sistemico all’organizzazione delle informazioni (si veda la serie di lezioni Radio Babele tenuta da Luciano Perondi). Un altro progetto al quale stiamo lavorando da marzo è la realizzazione di un journal basato sul principio della community peer review. In altre parole, vorremmo proporre una piattaforma di raccolta di contributi scientifici multidisciplinari e sostituire il comune processo di revisione cieca con il contributo di tutta la comunità de La Scuola Open Source. Ci interessa inoltre che questi contributi siano sempre presentati in duplice forma (visiva e testuale), in modo da mettere in discussione quella che ormai è considerato il processo di produzione ‹normale› del sapere scientifico (iper-specializzato, testocentrico e legato a logiche neoliberali di pubblicazione ipertrofica). 

Covid. Come avete organizzato le attività in quarantena e come pensate di andare avanti ora? In generale che ne pensate delle attività da remoto?

La fase di lockdown ha coinciso incidentalmente con la nostra mutazione in cooperativa, quindi nel corso di questi mesi abbiamo avviato progetti e discussioni con una rete molto più vasta di quella con la quale eravamo abituati a dialogare precedentemente. Gli esiti positivi di questo cambiamento sono legati al proliferare delle proposte e dei progetti, resi possibili anche dall’insolita disponibilità di tempo libero. La didattica online, con i suoi pro e contro, è stata una sperimentazione che ha coinvolto l’accidentalità del confinamento e la necessità di tenere un dialogo a distanza con i nuovi membri della comunità. 

Per ragioni geografiche, urbanistiche e ideologiche SOS ha sempre puntato molto sulla presenza fisica e sulla conoscenza diretta di docenti, collaboratrici, ricercatori. Inoltre, l’idea di tenere dei corsi online, come moltissime altre piattaforme esistenti, ci sembrava poco in linea con i nostri principi etici. 

C’è un discorso più tecnico, che riguarda la natura delle piattaforme che scegliamo di utilizzare. A noi interessa l’autonomia digitale, e stiamo lavorando al completamento di uno strumento che sia in grado di fornire servizi di messaggistica, mail e organizzazione, con una prima installazione a SOS, e possibilità di personalizzazione per i centri di produzione culturale che intendono adottarlo. 

Più in generale, riteniamo che la scelta (o la progettazione) di interfacce di condivisione, dialogo e organizzazione debba essere considerata un territorio politico di discussione e immaginazione. In certi casi la didattica online può semplificare il lavoro di organizzazione e ampliare il bacino di utenza, oltre che ridurre il carico di spese, ma potrebbe portare a un impoverimento del tipo di relazioni umane che si instaurano all’interno della comunità e con chi insegna. 

Prossimi progetti? 

Ci sono diverse interlocuzioni aperte, per progettare e svolgere laboratori e progetti di ricerca, in particolar modo per XYZ abbiamo ricevuto molte richieste, che stiamo vagliando. L’anno scorso abbiamo svolto 3 diversi XYZ (in 3 luoghi differenti) durante i 12 mesi. Siamo convinti che questo sia un dispositivo dall’enorme potenziale.

Le cose più interessanti da raccontarvi al momento sono tre:

Siamo attualmente impegnati nella programmazione didattica autunnale, che è la prima dalla trasformazione in cooperativa, e sulla quale stiamo investendo tempo e cura, desideriamo sia un’ulteriore occasione per alzare l’asticella della qualità allargando al contempo l’accessibilità (prima di tutto economica), per quante più persone possibili. E i risultati che stiamo raccogliendo ci stanno dando ragione.

Infine abbiamo in programma a Novara, come follow-up di XYZ, un’attività di mentorship (WORMHOLE) con la finalità di aggregare e formare un gruppo di giovani under 35 che vogliano impegnarsi nella cura e nello sviluppo di nòva, il nuovo centro culturale nato nell’Ex Caserma Passalacqua di Novara. Questa attività è gratuita e aperta a tutti gli abitanti del territorio limitrofo. Le docenze saranno svolte sia da remoto che in presenza, e si articoleranno in un percorso di alcuni mesi, che vedrà momenti di apprendimento in situazione – in presenza a nòva – alternarsi a momenti di formazione facilitati dai docenti e i tutor – da remoto.

Infine, proprio in questi giorni siamo stati contattati dall’Agenzia Nazionale Giovani, per un progetto di consulenza strategica, lavoreremo alla definizione di percorsi di partecipazione, formazione e community building per i giovani – in particolare degli Europeers (giovani tra i 18 e i 30 anni che hanno preso parte a programmi di scambio grazie ai programmi della Comunità Europea) – ma non solo.
Ci scusiamo, ma non possiamo raccontarvi molto di più, per ora.

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Indice:

 

Editoriale. Lezioni perdute.
di Giovanni Tateo
Atena nera: razzismo in accademia
di Franklin Obeng-Odoom
Burger King University
di Eleonora Priori
Sesso imperfetto
di Robin Wilson-Beattie
Un uomo sfortunato
di Rémy Ngamije
Speaking English
di Mubanga Kalimamukwento
Il primo giorno di una nuova scuola
di Salvatore Iaconesi
Teachers
di Masande Ntshanga
Sequenze di una ribellione
di Mali Kambandu
Gamificando non si impara
di Matteo Lupetti
Gaokao
di Zheng Ningyuan
Percorsi precari
di Marcello Torre
Decolonizzare l’università
di Robbie Shilliam
Genocidio antigitano
di Kale Amenge
Conversazione con Ana Gallardo e Nina Fiocco
di Giovanna Maroccolo
Kulture Room
di Marianna Rossi
Daniele Ferriero
Marco Petrelli
Danilo K. Kaddouri
Il precedente impiegato polivalente, M.
di Simone Marcelli Pitzalis

Indice Episodi online (disponibili su menelique.com):

Numero primo: Ruggero Freddi
di Matteo Cresti
Genere e accademia
di Vera Tripodi
Università Sudamerica
di Andrés Cáceres
Femminismo anticarcerario. Amicizia, stupro, comunità.
di Giusi Palomba
L’ora di Open source
di Daniele Gambetta e Alessandro Tartaglia
Pedagogia radicale
di Donna Nevel

Immagini di: